Intervista a Monique Pistolato sul libro Sotto il cielo di tutti, ibis, 2016, curata da Giovanni Fierro per la rivista Fare Voci della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia
In queste pagine c'è molta fragilità e molta speranza, il tuo è uno sguardo di necessaria resistenza umana? Attraverso la scrittura provo a rendere visibile l'invisibile. Come insegna Čechov trovare lo straordinario anche in ciò che a noi sembrerebbe ordinario. Mi interessano i dimenticati e i fiori delle loro esistenze. I personaggi di questo libro conoscono il danno emotivo, la disattenzione, l'abbandono, la sazietà materiale... eppure nelle loro vite accade qualche cosa di rivoluzionario: una possibile via di grazia. Nuove albe: un imprevisto che, come vento, scompiglia tutto. Sono resistenti e resilienti.
Racconti il nostro presente senza fare sconti, ma qual è il prezzo da pagare per te che li scrivi? E quale quindi il ruolo della scrittura come impegno sociale e civile? Scrivere è mettere le mani nell'immondizia, sporcarsi, lavorare con gli scarti, esplorare l'oscuro e illuminare. Nelle vite il duello, tra il bene e il male, è sempre aperto e chi scrive è dentro questa battaglia. Eppure, scavando nella realtà, lo sguardo coglie anche la bellezza, le risalite, i pertugi inaspettati dove entra la luce. Una lettrice mi ha scritto che dopo aver letto Regali, il primo racconto della raccolta, il suo atteggiamento è cambiato. Testualmente. “Ho sempre pensato che le donne dell'est ci portassero via il lavoro e anche gli uomini, invece ora, questa storia mi ha scosso nel profondo, mi fatto piangere e arrabbiare... Ho potuto sentire i sentimenti di Vichi. Non avevo mai pensato alle vicende delle immigrate viste con gli occhi dei bambini rimasti laggiù in Ucraina o in Moldavia...”. Politico e sociale, quindi, è riuscire a far sconfinare il lettore in una condizione che non gli appartiene ma che diventa anche sua perché l'ha vissuta in quel sentiero narrativo. Se si riesce a mettere in comunicazione l'interiorità delle persone si compie un atto veramente eversivo.
Questi racconti hanno la filigrana della favola e la fiducia della preghiera (laica), cosa possono essere? Sono sogni, invocazioni, piccole comete... o forse, come dice Roberto Lamantea nella nota finale “atti di coraggio”. Impercettibili redenzioni e non buoni propositi.
I protagonisti delle tue storie, mi sembra, sono persone che la società non vede più, che ha dimenticato. Cosa manca alla società per poterli nuovamente includere? Molti dei miei protagonisti emergono dall'ombra, dai margini, ma hanno qualche cosa di unico da raccontare. La maggior parte delle persone oggi sembra chiusa in una cataratta emotiva. L'io prevale in ogni azione e intento, spesso a discapito del prossimo. L'unica via di libertà e giustizia per gli ultimi è che si possa ritrovare la dimensione dell'alterità, come cantava Gaber l'importanza di “avere gli altri dentro di sé”. Preoccuparsi, prendersi cura, condividere. La poesia, la pittura, la musica, la danza ma anche il giardinaggio, il mangiare insieme... possono, in questo senso, intervenire sugli occhi dell'anima. L'inclusione può avvenire partendo da un'educazione sentimentale che inizia fin da piccoli, fornendo strumenti che aiutino a comprendere e ad affrontare le complessità del mondo e coltivando legami di prossimità.
L'ambientazione natalizia di queste storie, mi fa dire che c'è bisogno di una nuova nascita. Qual è questo bisogno di una nuova possibilità, per loro, di vita? I protagonisti di questa raccolta si trovano con l'inverno nel cuore. Vivono il ghiaccio della lontananza, della diversità, della solitudine, di una perdita. Dentro di loro cova la necessità di un cambiamento radicale ed ecco l'imponderabile: una rete celeste, una corda per risalire o una stampella per andare avanti. Credenti o no, in occidente, il periodo natalizio è sempre una prova per i rapporti terreni. Si misura con la patina dei lustrini, luci e doni, con aspettative di perfezione che inevitabilmente si scontrano con le fragilità umane. Ma all'orizzonte c'è la promessa d'amore di un bambino nato in una capanna e venuto a salvarci. E come nelle narrazioni che si tramandano, dopo il buio torna la luce e dopo l'inverno ancora la primavera. Si combatte, si muore e si rinasce, ma viaggiando insieme l'ignoto fa meno paura.
In questo libro il tuo scrivere incontra le illustrazioni di Piero Sandano. Come mai questa scelta? La genesi di questo lavoro viene da lontano, prose brevi nate nel tempo. L'ho desiderato per questo momento storico oscuro, con un corpo a colori e un filo luminoso, accessibile anche a chi non ha dimestichezza con la lettura. C'è stato un pensiero sul senso, sul formato, sulla scelta della carta. L'idea era farne un oggetto in cui i racconti potessero godere dell'incontro con le illustrazioni ampliandone il potere evocativo. Mi piacciono le contaminazioni artistiche, il confronto e la sperimentazione. È stato bello condividere questo progetto con Paolo Veronesi l'editore ibis, con Piero Sandano che ha ricercato il segno, con Roberto Lamantea che ne ha curato la nota e anche con Stefano Spagnolo che l'ha letto in anteprima evidenziandone le criticità. Più sguardi, più mani, più pensieri: sempre un lievito.
Se fai clic su ACCETTA E PROCEDI acconsenti all’uso dei cookie analitici e dei cookie di profilazione e marketing [propri e di altri siti], potrai sempre modificare le preferenze nella relativa pagina di gestione del consenso ai cookie.