In questo tempo incerto, che ci ha catapultati nella fantascienza, giriamo mascherati con pezzi di stoffa che proteggono le nostre vie respiratorie e chi ci sta vicino.
Le parole escono ovattate, l'olfatto è ridotto, l'udito subisce la difficoltà degli altri due sensi messi alla prova. Se stringere una mano, abbracciare, toccare, può essere fonte di pericolo, per stare in relazione con ciò che ci circonda dobbiamo confidare nello sguardo. Alzare la testa dai dispositivi elettronici, aguzzare la vista, rendere gli occhi capaci di comunicare allenandoli a spingersi oltre. Infatti, la mimica dello sguardo può raccontare molto: stupore, gioia, dispiacere, approvazione, facendoci diventare leggibili agli altri. Allo stesso tempo con gli occhi possiamo parlare e vedere. Vedere i bisogni delle persone più fragili, il disorientamento dei ragazzi, le fatiche del fornaio e di chi ci recapita i pacchi a casa a tutte le ore, gli sforzi di chi opera nelle pulizie.
Le lotte di chi ha perso il lavoro e degli operai di Fincantieri - a fine turno - per salire in un autobus. Vedere il filo di luce conquistato, le gemme che si stanno gonfiando, i fagiani che hanno figliato e corrono liberi per il quartiere, i cieli d’inverno.
Vedere i colori del nostro paesaggio che, nelle giornate limpide di bora, incornicia la laguna e le Dolomiti in un’unica cartolina.
Vedere l’impegno di chi si sta prodigando negli ospedali e nelle case di riposo, gli sforzi delle badanti, di tanti figli che si prendono cura dei genitori anziani, di giovani ricercatori precari che con tenacia danno il loro contributo alla scienza.
In quello che lo sguardo può cogliere e custodire le preoccupazioni e i pensieri possono diventare più lievi, avendo la certezza che se vediamo veramente anche il mondo da una finestra di casa è un incontro che non ci lascia mai soli.
Monique Pistolato
